di Giovanni Petta
Tu nella stanza tua tra le tue carte
io in un’altra con le cose mie
e l’aria attraversava il corridoio
per dirmi che tu c’eri, ch’eri mia
Lo spazio mio non era poi un granché
la scrivania, la luce; dislocato
quasi all’ingresso… ero provvisorio
ma lavoravo bene, respiravo
Sentivo i movimenti delle carte
e immaginavo le tue mani… mie
poi la tua voce stare sul mio nome
“Ho voglia di un caffè e di un tuo bacio…”
Banalità talmente sconcertanti
piccole cose, senso che si perde…