La morte di Amerigo Iannacone

di Giovanni Petta

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Il rispetto che dava agli scrittori affermati era della stessa intensità di quello che dava agli emergenti, persino agli imberbi, a quelli che si avvicinavano alla scrittura per la prima volta e che lui curava con attenzione e con un garbo fuori dal comune.

Ma non è solo l’adesione al mondo della letteratura che me lo rende caro, né le conoscenze che generosamente condivideva con tutti noi. Di lui mi piaceva la curiosità per l’umanità in genere: la politica, le tradizioni, gli stili di vita, le vite delle persone, di ogni persona.

Era un osservatore attento dei comportamenti umani e forse per questo il suo carattere era mite, lontano da ogni forma di aggressività: era consapevole di ciò che accade nell’animo e sapeva come gestirsi e trovare sempre un equilibrio.

In “A zonzo nel tempo che fu”, un libro del 2002 (giunto alla quarta edizione nel 2016), scriveva che i Molisani provano l’ammiria o, più spesso, la demmiria (…) se vedono che hai comprato l’auto nuova, magari si indebitano ma devono comprarla anche loro (e questa è l’ammiria che, se volete, potete tradurre con invidia). Se siete riusciti a farvi strada nella vita o semplicemente ad avere successo in qualche campo, allora, se non sanno imitarvi o non hanno voglia di impegnarsi, faranno di tutto per tagliarvi le gambe. Come dire: se io non lo so fare non lo devi fare neanche tu. E questa è la demmiria, che è la sorella cattivissima della cattiva invidia.

Un uomo che riesce a cogliere una verità del genere, ad averne consapevolezza, non poteva che comportarsi come si comportava lui: presente ad ogni occasione importante degli scrittori, amici o anche solo conoscenti, perché ogni sforzo e ogni sacrificio degli altri andava sostenuto. E la sua presenza era sempre confortante, incoraggiante, affettuosa di un affetto che si misurava dall’attenzione che dava alle cose non sue di cui si parlava.

Le pubblicazioni di Amerigo, una quarantina circa, sono un lavoro immane. Rappresentano una vita intera e chissà quante vite dovremmo contare nella sua vita se mettessimo nel conto il lavoro fatto per “Il foglio volante”, le collaborazioni mai negate a chiunque chiedesse aiuto e sostegno, il tempo dedicato alla lettura delle opere degli altri.

Qui, però, è il caso di ricordare la sobrietà e l’apertura al mondo, la delicatezza dell’animo e la generosità, la disponibilità e la gentilezza. Sono fiero di essere stato suo amico.

Reset

di Giovanni Petta

Immagine

Nel mezzo – che fatica! – della vita
ogni momento, anche di tragedia,
che arriva dal percorso del passato
– persino dal passato più vicino –

riverbera sul corpo e dentro il cuore
ma dolcemente, quasi da carezza.
Si mescola il presente nel dolore,
lo diluisce: stempera e schiarisce.

Di ciò ch’è stato tutto il nostro tempo
non mi rimane altro che la voglia
di ricordare attimi di gioia.

E non ne trovo. Come se quel lampo
di collisione, scontro di metallo,
un niente fosse stato, tutto bianco.

Dissolvenza

di Giovanni Petta

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E lo cerchiamo questo stare bene
il modo giusto di partire e andare
un niente da nascondere e temere
senza guerre – nascondersi e fuggire –

Parlare coi tuoi occhi è navigare
tra il futuro che s’agita nel cuore
che tengo dentro il petto da millenni
senza voglia né tempo da passare

Sentire che ci sei, che ci sarai
che non importa il modo né il momento
– fosse un istante, foss’eternità –

è come un cielo azzurro che mi abbraccia
mentre la notte piano si allontana
e tutto il resto è un niente senza traccia.

Altrimenti

di Giovanni Petta

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Non avrebbe davvero senso alcuno
questo nostro trascendere occasioni
d’incontro rimandate incontro al tempo
sul nastro scintillante del futuro.

E non avrebbe senso proiettare
su un giorno d’intravista primavera
le gioie più profonde immaginate
a splendere nel grigio del presente.

Io seguo la bellezza e tu il momento
tu cerchi il vento ed io la calma piena.
Se il tempo avesse tempo da prestare
saremmo debitori insuperati

di mesi e settimane da viaggiare
di ore e ore spese a chiacchierare
di anni interi persi a progettare
secoli andati in cerca dell’amore.

Norma

di Giovanni Petta

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Nell’anima di gente strepitosa
c’è spesso un po’ d’inferno che non cede
a spinte di bellezza, a tentativi
di chi vorrebbe il bene dentro il bene.

La vita è sempre strana, non si prende.
E i movimenti, il tono della voce,
l’incanto di chi ha il dono della luce
che viene dagli abissi misteriosi

d’infanzie fatte apposta per colpire
chi vive nella norma del presente:
tutto s’incastra in forma di romanzo.

Ma che peccato il perdersi nel niente,
sparire dalla vita e dal godere
ciò che si esprime senza sforzo alcuno.

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In UMANA, TROPPO UMANA, poesie per Marilyn Monroe a cura di Fabrizio Cavallaro e Alessandro Fo, Nino Aragno Editore, 2016