Cose non viste

di Giovanni Petta

giovanni

Sono felice ora: questa notte
mi porta la certezza dello stare
dentro me stesso. Sento il mio sentire
e sto nel mio presente come a casa.

Ciò che ho provato – la goccia che cade
e il suo rumore tondo nel silenzio,
il senso del profondo mai toccato,
la luce dentro il buio più luminoso –

mi dà la gioia d’essere riuscito
a dare amore senza averlo avuto.
Quando lo sentirai dentro il tuo petto…

ma tu non vedi quando il fiume curva
tu non fai caso all’albero che inchina
…la notte che si immola alla mattina.

Cantieri abbandonati

di Giovanni Petta

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Lo so che oggi passerai di qui
in questo luogo fitto di parole
per rivedere ciò che hai distrutto
macerie di carezze e di illusioni

Io non mi sono mosso, ho raccattato
ogni momento amato e poi la rabbia
che segue al tonfo, al crollo ed alla resa
Tutto ho salvato, persino i materiali

che non aveva senso sistemare
negli angoli, a sostegno di pareti
per stanze ch’era meglio non aprire.

Ho fatto tutto questo per salvare
gli oggetti del “museo dell’innocenza”
senza speranza di ricostruire

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di Giovanni Petta

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Io li ho contati i giorni dell’assenza
e ogni minuto è stato vero e pieno
le ore ben disposte sul mio corpo
in tracce che conosco a menadito

La ruga che segnala l’esser solo
il ghigno del sorriso in compagnia
ch’è meglio fare sfoggio di allegrezza
agli altri che non pesano le cose

Sul dorso della mano in bella vista
c’è l’attimo in cui mi son voltato
e tu non c’eri più, un soffio al vento

e sotto gli occhi, riflesso dalle lenti,
il solco della vita e sulle labbra
l’attesa, le speranze, le parole

Finalmente

di Giovanni Petta

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Che bello ritrovare nel giardino
– niente di che… non sono un giardiniere –
il fiore delle cose seminate
senza pensare, date, abbandonate

e far sapere ad Ale, ad Antonella
poi Teresa, Francesca, Maria Rita
Fiorella ancora e ancora Maurizio
che arriva il giorno in cui la vita è bella

Non scrivo il nome suo che è nome strano
ma lei lo sa che parlo anche di lei
…averli accanto è stata una fortuna

così come l’amore che ho provato
come il dolore che a fondo mi ha scavato
le foglie, i rami, il verde rinnovato

In the box

di Giovanni Petta

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Che strano questo mio cercare invano
in spazi che non servono più a niente
le cose che hai toccato e che hai voluto
i desideri e poi gli oggetti veri

che hanno riempito i giorni e le occasioni.
Bellissima la bici parcheggiata
da un giugno ormai lontano con gli auguri
mai scritti… perché niente mi scrivevi

per non lasciare traccia, per paura
che un giorno io potessi ritrovare
ciò che poteva ora consolarmi

Non c’è un biglietto. Non ho una tua frase
che possa dimostrare che c’è stato
qualcosa, il niente, l’assoluto, il vuoto

Bianco

di Giovanni Petta

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Ogni cosa mi parla di te, ora
che sei lontana, stella del dolore
delle mani che non so più che farne
degli occhi ciechi senza che lo sguardo

trovi qualcosa da poter guardare.
L’anello tuo è ora simulacro
le tende che scegliesti insieme a me
e la consolle all’ingresso regalata

lo specchio mio del bagno immaginato
la biancheria del letto, il battiscopa
che di Provenza allude alla poesia.

Tutto nel bianco ora sono immerso
nel bianco che volevi, luce e vita
nel ricordo che brucia e che dilania

The end

di Giovanni Petta

finisce tutto finisce

Quando penso che ogni cosa ha una fine
che persino ogni vuoto sarà pieno
che è tornata già l’erba sul cemento
del piazzale da un anno abbandonato

Quando immagino la pelle di ieri
che non sento – ce n’è altra sul corpo –
e che l’acqua dentro il fiume che ho amato
non è quella che sul cuore ho tenuto

Quando penso che c’è fine a ogni cosa
quando penso che non torna mai niente
e che niente perdura, né rimane

mi convinco – dignità dolorosa –
a soffocare e poi a seppellire
ciò che vive e che non vuole morire

 

Mentre dormi

di Giovanni Petta

isola

Qui c’è una vita che s’inventa il giorno
mentre dormi ed io non so dormire
mentre sogni – perché lo so che sogni –
nello spavento dell’onda e del vento

Qui c’è una vita che s’inventa il dopo
dopo un settembre disastroso e orrendo
mentre sogni ed io non so sognare
nella pioggia gelida del glicine

Mentre dormi in un’isola lontana
di un mare che non posso attraversare
manchi come un accordo spettinato

come carezza che non può aspettare
come l’avvenire che il tempo sfiora
È notte, mentre dormi, è notte amore

Messina

di Giovanni Petta

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Finalmente sei lì dove dovresti
nel profondo di tutto ciò che sei
Scilla e Cariddi, nera agitazione
di forze oscure, fonte di dolore

Accanto a te materia putrefatta
già avuta, ritrovata perfezione
di un possedere scemo che ti uccide
e tu che godi, morte nel tuo cuore

Rantoli di vecchio, onde tempestose
e maschere sul tetro comodino
per sopportare il giorno da venire

Spero ti arrivi il mio respiro piano
che piano rasserena il mio sentire
senza vendetta né rassegnazione

Estate

di Giovanni Petta

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Nato d’autunno, mai con la stagione
dei colori più accesi ho stretto accordi.
Tutti lì in spiaggia e poi nell’acqua, mentre
io ero al vino, nel fresco di locali

minuscoli di pesce e di silenzio
da pomeriggio che fuori si scaldava
persino l’acqua-cuore dei ghiacciai.
Tu mi portavi al sole, nella luce

ed io, come una talpa, pipistrello
muovevo l’ali, bianco come il marmo,
felice solo di sentirti accanto.

Senza gli occhiali spesso non vedevo
la verità di una stagione strana
che acceca, che matura, che profana.